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L’idea della mostra Il corpo del Colore – la pittura espressionista e neoromantica italiana deali anni Trenta nasce dal profondo desiderio dell’Avvocato Giuseppe Iannaccone di portare a conoscenza del grande pubblico la preziosa raccolta ricercata in più di trent’anni e che, oggi,
consente una lettura esaustiva degli anni che vanno dal 1920 alla conclusione della Seconda guerra mondiale.

Una raccolta unica e inedita nel collezionismo italiano, che documenta la fervida attività di una rosa di artisti pronti a restituire, partendo dalla realtà più vera e profonda di quegli anni, una rappresentazione autentica dell’Espressionismo italiano degli anni Trenta.

La Collezione comprende la Scuola romana di via Cavour – con Mario Mafai, Antonietta Raphael e Scipione – Fausto Pirandelo e Alberto Liveri, il primo Renato Guttuso, ricco di colore e di contrasti: il francesismo dei Sei pittori di Torino con Jessie Boswel, Gigi Chessa, Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paolucci; le scomposte e concrete sculture di Broagini e Fontana; Corrente, con i colori di Renato Birolli, i rossi romantici e struggenti di Aliai Sassu, i soggetti scelti da Arnaldo Badodi. Ernesto Treccani, Bruno Cassinari e Ennio Morlotti, i drammi di Giuseppe Mianeco, i sogni di Italo Valenti e il caffeuccio di Emilio Vedova: la poesia dei chiaristi Lombardi e i connotati uomini di Ottone Rosai e Filippo de Pisis. 

Ciò che lega questi artisti all’interno della Collezione è la loro capacità espressiva, che qui sta a identificare quella capacità di mutare il proprio punto di vista da una ripresa oggettiva della realtà a una lettura che parta da proprio io e che sposti il baricentro della produzione da una
codificata e imparziale visione de dato reale verso un’interpretazione che passi dagli occhi della propria anima: una pittura che sia, utilizzando le parole di Edoardo Persico in Mokador del 1931 «…tutta passione e lampi»: una raccolta che non cerchi una contrapposizione con la retorica di Novecento italiano e con le idee di Margherita Sarfatti ma che nasca, come scrive Giuseppe lannaccone, «come un’esigenza di libertà nell’arte di rinnovamento e di caldo espressionismo». Una nuova lettura che tocchi le sponde del Neoromanticismo di quella sfumatura nuova che
accantona i cassicismo e la torma verso un’interpretazione più personale che non necessiti dell’immaginazione o della ricerca del sublime, come nel Romanticismo ottocentesco, ma che catturi, in definitiva, al di là dell’infinito della siepe leopardiana, una realtà tangibile de
esprimere attraverso un nuovo linguaggio.

«Che cosa sianifica, sul piano dello stile, una poetica neoromantica?» scrive Elena Pontiggia. «Con qualche inevitabile semplificazione si possono individuare nel nuovo linguaggio due principali costanti: la prevalenza dell’interesse per il colore rispetto alla costruzione della forma e una diverso nozione di mestiere. ‘Valendomi del colore‘ aveva scritto Birolli nelle sua dichiarazione indicando esclusivamente nella ricerca cromatica il senso delle sue pittura. Quanto a ‘ritorno a mestiere’ per usare un’espressione di de Chirico l che aveva annassionato gran parte degli anni Venti, ora alla sapienza tecnica si contrappongono i valori della spontaneità, dell’immediatezza, dell’espressività e persino di una voluta imperizia. All’oggettività del linguaggio subentra il linguaggio dei sentimenti della fantasia della visionarietà. Rivoluzionari della resa de sentimento delle tematiche oltre che de colore come mezzo espressivo; artisti che non hanno paura di essere incarcerati, esclusi e relegati ma pronti a dare una lettura più chiara, intima e reale del loro vissuto».

La selezione delle opere in mostra, all’interno della raccolta anni Trenta della Collezione Giuseppe lannaccone, ha assunto il colore come elemento costitutivo, che le collega e le ta dialogare: il colore come mezzo espressivo e caratterizzante di questi artisti, a tratti pastoso ed energico, costruito con pennellate materiche, talvolta detinito da un candore e una leggerezza che permette di entrare più a fondo nelle storie dei soggetti ritratti ma che, in entrambi i casi diviene corpo, presenza e materia.

II colore si evolve in manifesto programmatico e spirituale di un’arte nuova. Come scrive Birolli nel suo Taccuino del 1936 “Il nostro paesaggio morale sarà in questa architettura di colori: e continueremo cosi la poetica passeggiata fermandoci ad annotare, analizzare, ricordare e
ritrovare le nostre stesse presenze”.

Nel concepire l’allestimento abbiamo abbandonato la sequenza cronologica, le strette categorie temporali, così come quelle geografiche che ci sono sembrate riduttive. Abbiamo invece disegnato un percorso, di cui non si intravede né l’inizio né la fine, capace di attrontare e trasmettere tematiche allo stesso tempo intime, personali e universali, capaci di evidenziare intensità de momento storico e i sentimenti più celati di guesti artisti Capire e interiorizzare le diverse aradazioni con cui il colore si evolve le sfumature e il vigore con cui prende il sopravvento sono le idee cardine che accompagnano lo spettatore in questo percorso tra il 1920 e il 1945 e che per i temi indagati, risulta ancora, purtroppo, molte attuale.

Le dittature non sono finite, la querra aleggia tra le nostre vite, le donne e gli uomini sono, in troppe realtà, relegati in uno spazio che li imprigiona e li condiziona, in una società che premia l’apparenza, la finzione, le maschere e la forza a discapito della bellezza assoluta della libertà di essere e di esprimere semplicemente se stessi.

Costruita su un percorso libero, la mostra è organizzata in sei sale: ognuna è caratterizzata da un atmostera che quida lo spettatore in una lettura a volte più esplicita, a volte più sottile tra le opere: Attimi di realtà Luoghi e assenze Corpo e anima. Spirito e carnalità Rivoluzione e verità e Sianiticati nascosti sono piccoli ecosistemi che vivono di vita propria ma che trovano c loro forza nel confronto, nel dialogo e nei rimandi costanti. La mostra è anche l’occasione per mostrare al pubblico alcune opere inedite che hanno di recente fatto inaresso nella Collezione Giuseppe lannaccone, tra di esse: Battaalia dei tre cavalieri di Aliai Sassu, Cavalli davanti al mattatoio di Scipione, Bagnanti e amazzoni e Fiori di Italo Valenti, Gineceo di Arnaldo Badodi Autoritratto con lettera di Antonietta Raphaël, Gli sposi di Fiorenzo Tomea e Paesaggio a
Ranallo ci Enrico Paolucci.

È doveroso evidenziare con ali esempi sopracitati quanto intenso e passionale sig la raccolta di opere in mostra. Un’esposizione che evidenzi come artisti rivoluzionari e romantici abbiamo posto al centro ” auello ‘realtà’ che si andava creando intorno a noi realtà che noi dovevamo conavistare con le nostre forze per sentirla veramente nostra senza incertezzé’ come si legge nel Manifesto di Corrente del 1938.